Ascesa e caduta di un « picciotto »

(GIORGIO FRASCA POLARA, L'Unità, Roma, 27 November, 1969)

— by GIORGIO FRASCA POLARA

Dal nostro inviato

PARTINICO, novembre. Sono le due del pomeriggio. Poca gente sul corso, gli altri in casa a mandar giù in fretta un boccone prima di tornare al lavoro. Dalla corriera che arriva da Palermo scende uno sconosciuto, dimessamente vestito. Dall'angolo d'una casa sbuca un uomo, coppola in testa e lupara in pugno. Due raffiche di pallettoni e lo straniero crolla a terra in un lago di sangue, stecchito. Fuggi fuggi generale, quattro vecchiette si segnano.
Damiano Damiani e l'operatore Franco Di Giacomo hanno filmato a distanza, ben nascosti. Nessuno si è accorto della finzione, la scena è riuscita vera. «Ho ottenuto un effetto — dirà fregandosi le mani il regista del Giorno della civetta (finora, forse, il suo risultato migliore, e certo quello di maggior successo) — che non sarei riuscito a combinare neppure perdendo una settimana a istruire scaltrite comparse ».
Benché cominci con un assassinio, il film che segna il secondo incontro del friulano Damiani con la Sicilia non è un giallo, e in una certa misura non è neppure una nuova opera sulla mafia. E' una storia d'amore, se vogliamo di amore « alla siciliana ». E' in certo modo un film « femminista », nel senso dell'esplicita sottolineatura di un coraggioso gesto di emancipazione: « La ragazza è il personaggio che mi sta più a cuore », e dalle mezze parole dell'abbottonatissimo regista si può supporre che la clamorosa, civile vicenda di Franca Viola abbia in qualche modo pesato sulla stesura del soggetto, firmato dallo stesso Damiani con la collaborazione di Enrico Ribulsi e di Sofia Scandurra.
E' anche, perché no?, la storia un po' brechtiana della « Ascesa e caduta di un giovane mafioso », come diceva il titolo provvisorio sostituito poi, almeno per ora, da A bocca chiusa. La storia, cioè, di un picciotto che riesce a farla in barba alla polizia ma viene fregato da chi meno sospetta, una ragazza che lui pretende remissiva donna di casa, ma che invece vuoi contare come moglie e non come cosa. Il film ha quindi ancora una anima: lo specchio « di due incomprensioni assolute », che si riflettono in profonda disgregazione e in tenace volontà di riscatto.
Per render plastici questi sentimenti, ecco l'atmosfera delle zone del Trapanese devastate dal terremoto, dove Damiani girerà la seconda parte degli esterni prima di Natale, chè per quell'epoca conta di aver quasi concluso le riprese e di poter tornare a Roma per realizzare le ultime sequenze in studio.
Per ora invece la troupe ha il suo quartier generale a Partinico dove le giornate corrono con un intensissimo susseguirsi di ciak. Lavorano in pochi, ma affiatatissimi: Damiani, il suo ormai allenatissimo aiuto Giarda, il direttore della fotografia Di Giacomo (che è stato l'operatore del Giorno della civetta); un formidabile factotum di cui — gli chiedo venia — ho perduto il nome, alcuni, tecnici, l'efficientissima truccatrice.
La scena più delicata s'è appena finita di girare: dopo una riunione nel salone del suo palazzotto, il capomafia scende con studiata lentezza lo scalone di casa attorniato dai suoi guardaspalle, e, giunto nell'androne, si fa tranquillamente arrestare dai carabinieri in attesa sul portone. Basta una prova e, al primo « silenzio, Si gira », la scena fila via come l'olio.
Qualche difficoltà, invece, per la successiva: il trasbordo dei mafiosi sulle auto dei carabinieri posteggiate sul corso: i curiosi fan da comparse, ma non devono sorridere. La consegna non sarà rispettata da tutti, bisognerà ripetere la scena tre volte prima di andare avanti. Amerigo Tot, lo scitltore ungherese che con la sua bella e non « professionale » maschera dà il volto al capomafia, può lasciare il campo al picciotto (Alessio Rano, 22 anni, solo un film con Liberatore dietro le spalle) e alla sua ragazza, Omelia Muti, quattordici anni e mezzo — nel film dovrà mostrarne qualcuno di più —, un volto nuovo e pulito, la prova del nove che neanche stavoltct Damiani vuoi concedersi nessuna debolezza folkloristica.
E il morto ammazzato della prima sequenza? E' già tornato a Roma, felice di aver ripreso in qualche modo un posto nel mondo dello spettacolo: è Joe Sentieri, ovvero dai gorgheggi della canzone al tuono della lupara.

Nella foto: Amerigo Tot con il regista Damiani e (di spalle) l'operatore Di Giacomo